ISOLADENTRO

Per primo giunge il respiro.
Il lasciar cadere nel blu ogni superfluo ormeggio, una resa incondizionata.
C’è un dialogo silenzioso, senza parole, un cordone ombelicale mai scontato,
uno scorgere dietro l’angolo una visione altra.
L’ isoladentro non si sceglie, accade.
Come le cose migliori,
o quelle peggiori,
come una folgorazione o un lento innamorarsi.
L’isoladentro r-accoglie in sé parti di noi, come molteplici specchi specchianti.
Sogno che si fa realtà e viceversa.
Percorriamo la vastità e poi per contrasto, il dettaglio minuto,
seguendo mappe quasi impercettibili, bianchi ricami
che della delicatezza portano l’essenza.
E allora sia, questo spazio d’infinito in cui perdersi e ritrovarsi,
sia il linguaggio segreto del mulo mai ascoltato che sogna e prevede,
sia il fremito di una foglia e la sua curvatura maestra,
siano compagne assonanti la profondità e la cima,
sia lo slargo che fa spazio al cuore, quello vero,
sia il sotto, il sopra, il sottosopra, il dentro e il fuori.
Mondi primordiali in cui l’essere umano non è necessario,
la sua forza cogitante non è indispensabile.
Se fa la sua comparsa è diventato un dio bifronte che zampilla rosso vulcanico
e racchiude il tutto, o si manifesta in un canto fiorito che invade l’aere.
Le pennellate danzano tra acqua e colore denso,
tra evanescente lucore e contorni di natura dis-velata,
segni che non chiedono di essere interpretati ma attraversati.
Lasciano una scia, la sensazione di essersi fatti condurre
alla scoperta di un paesaggio, intimo,
personale, ma nello stesso tempo universale.
Solo così si fiorisce, perdendoci in un altrove interiore.
E alla fine ci accorgiamo che la pelle dell’isola è diventata anche la nostra,
il nostro battito santo, rinnovato, ritrovato.
Nella spoliazione ci si ritrova interi.
Sotto una falce argentea di luna.
Anche le lacrime sono diventate blu.

Chiara Tabaroni